Guardare oltre per affrontare la fragilità
In equilibrio precario: questa è la condizione in cui ci troviamo oggi, ma che a ben guardare non è una novità. Stabilità e ambiamento accompagnano la vita e i costrutti sociali da sempre, sono elementi imprescindibili dell’esistenza. Gli ecosistemi sono regolati da interazioni dinamiche tra gli organismi e molteplici fattori possono causarne lo sconvolgimento. I sistemi economici hanno regole che determinano la loro stabilità, ma possono intervenire eventi o cambiamenti che portano allo squilibrio. E questo vale anche per i sistemi sociali e politici e per tanti altri ambiti. Se poi inseriamo nel gioco degli equilibri anche le interrelazioni tra sistemi diversi (ambiente, economia, politica, salute, lavoro ecc.) il quadro si fa ancora più complesso e trovare le regole che tengono insieme i pezzi (o che rischiano di far crollare l’insieme) diventa ancora più difficile.
C’è una caratteristica che la pandemia di Covid-19 ha fatto riemergere con chiarezza nelle nostre società (quelle cosiddette “occidentali” in particolare, in cui era diffuso il pensiero di aver superato la precarietà, di avere un potere di controllo quasi assoluto su quanto succede): quella della fragilità, che si riscontra tanto a livello individuale (l’imprevedibilità del contagio e degli effetti sull’organismo) quanto a livello collettivo. È una condizione innegabile, che stiamo cercando, come individui e come collettività, di gestire, con risultati non sempre soddisfacenti.
Il rischio, legato non solo all’emergenza in corso, è quello di arrivare a un punto di non ritorno, in cui la situazione sfugge dal controllo e dalla possibilità di intervenire, con conseguenze dirompenti. Spostandoci in un ambito vicino e collegato a quello della salute, lo stesso rischio di arrivare a un tipping point potenzialmente catastrofico lo ritroviamo in campo ecologico: nel cambiamento climatico, nell’equilibrio degli oceani, nella scomparsa di biodiversità, nella perdita di habitat o di suolo fertile, nella disponibilità di risorse. Il rischio di un sostanziale peggioramento delle condizioni di vita di ampie parti di popolazione (ancora una volta, le più fragili prima delle altre) è forte. Come agire allora per costruire un’alternativa in grado di rispondere più adeguatamente all’imprevisto e alle avversità?
“Investire in un’Europa verde, digitale e resiliente”: questo è l’obiettivo dichiarato del programma di finanziamento straordinario per la ripartenza Next generation EU dell’Unione europea (quello che viene comunemente indicato come recovery fund). È chiaro già dal nome che l’orizzonte non è l’immediato, a cui i provvedimenti urgenti di questi mesi sono stati giustamente orientati, ma il futuro, la “prossima generazione” e quelle che verranno dopo ancora. È proprio nei momenti di crisi che deve emergere la capacità di guardare oltre, di affrontare e favorire un cambiamento che l’inerzia dei nostri sistemi ha finora impedito di mettere in atto, di andare a creare un nuovo equilibrio che sappia meglio affrontare le crisi future.
C’è bisogno di una lungimiranza che spesso manca - nella classe politica, ma anche nella società nel suo insieme - per mettere in campo un cambiamento di rotta rispetto ai modelli consolidati di produzione e consumo, di investimento, di (mancata) attenzione alla qualità ambientale. Il programma Next generation EU, che si salda strettamente al Green deal europeo, si propone come occasione per rifondare il sistema europeo su basi nuove.
Una quota importante dei finanziamenti programmati è da destinare a investimenti e interventi in chiave ambientale ed ecologica e questa è una condizione fondamentale per affrontare il futuro con una consapevolezza diversa. Guardare più avanti dell’immediato è la sfida che lancia il programma europeo e che ci auguriamo venga accolta anche a livello nazionale: in Italia digitalizzazione, investimenti in ricerca e sviluppo, valorizzazione della conoscenza, attenzione alla sostenibilità non sono all’altezza delle potenzialità che il paese può esprimere. Non si può perdere questa occasione per mettere a frutto il patrimonio di conoscenze acquisito e promuovere un rilancio innovativo e inclusivo, con azioni decise in chiave di sostenibilità ambientale e sociale. Rispondere alla crisi affrontando con consapevolezza e decisione gli elementi, locali e globali, di fragilità è l’unico modo per guardare al futuro con maggiore fiducia.
Stefano Folli
Direttore responsabile Ecoscienza