È possibile che le navi solchino il “mare padano”?
È possibile che in pianura Padana vengano avvistate enormi navi porta-container, o eleganti imbarcazioni da crociera, mentre navigano tranquillamente in campagna, fra un campo di granturco e l’altro? Certamente no. Eppure così non sembrerebbe almeno da una prima lettura dei dati che emergono da una delle linee di studio del progetto Supersito, voluto dalla Regione Emilia-Romagna per studiare i rapporti fra l’inquinamento atmosferico e la salute delle persone.
Dall’analisi chimica delle polveri in aria (PM2,5) rilevate nelle stazioni di monitoraggio di Bologna, Parma, San Pietro Capofiume (BO) e Rimini emergerebbe l’influenza delle emissioni in atmosfera delle navi che solcano i mari adiacenti alle coste italiane, non solo nell’Adriatico. Si potrebbe quindi dire, ad esempio, che a Parma in minima parte l’inquinamento derivi perfino dalle navi in navigazione nel centro del Mediterraneo.
I motori delle imbarcazioni infatti consumano oli combustibili che emettono un mix specifico di inquinanti: questi elementi sono identificabili anche a distanza (come se fossero una sorta di “impronta digitale”) grazie alla presenza di due elementi chimici, nichel e vanadio, in una proporzione caratteristica. Questi due metalli infatti sono considerati come dei “traccianti”, o meglio dei marker nella letteratura scientifica, la presenza dei quali indica cioè che la sorgente emissiva, generalmente navi appunto, ma anche raffinerie, utilizza la combustione di oli pesanti.
Le emissioni in atmosfera provenienti dalle navi quindi, in particolari condizioni climatiche, si propagano nelle masse d’aria e arrivano a depositarsi anche in pianura Padana: per questo motivo sono state rilevate nelle quattro stazioni citate prima. I laboratori Arpae hanno riscontrato la loro presenza all’interno delle polveri del PM2,5.
È importante però sottolineare che l’impatto che la combustione di questi oli combustibili ha sulla quantità di polveri rinvenute in pianura Padana è minimo: pochi punti percentuali rispetto al totale. Tale contributo può sembrare trascurabile se comparato alle emissioni locali in aria derivanti da traffico o dalla combustione di legna, ma è comunque presente e identificabile con chiarezza, e costituisce un interessante esempio di apporto di origine certamente non-locale.
Bisogna poi evidenziare che, sebbene questa sorgente emissiva contribuisca in minima parte alle polveri del PM2,5, essa è però responsabile nei siti considerati di almeno 3/4 del vanadio e di almeno 1/3 del nichel presenti. Tra l’altro, il nichel è uno dei metalli pesanti per cui la legge prevede che venga rispettato un valore limite annuale per la protezione della salute umana (secondo il Dlgs 155/2010 la media annuale non deve superare i 20 ng/m3), limite che è in ogni caso rispettato nei quattro punti di misura considerati.
Ma in che modo questi inquinanti, così specifici, riescono a “viaggiare” dal mare fino al centro della pianura Padana?
In realtà ai trasporti di polvere da lunga distanza siamo in parte abituati quando vediamo le nostre automobili coperte da una sottile sabbia rossa, che sappiamo provenire dal deserto del Sahara. Analogamente, le masse d’aria che passano sul Mediterraneo (sull’Adriatico, sul Tirreno o sul Mar Ligure) si arricchiscono delle emissioni navali, per poi “atterrare” in pianura. In alcuni casi si tratta delle stesse masse d’aria provenienti dal Sahara e in tali occasioni, associata ai “traccianti” dell’olio combustibile, è stata rilevata anche la presenza di “polvere rossa” sahariana.
I fenomeni fin qui descritti sono stati osservati per lo più nel periodo estivo, quando i livelli di inquinamento sono inferiori a causa della maggiore turbolenza dell’atmosfera. L’arricchimento di nichel e vanadio nell’aerosol presente nella pianura Padana è da ricercarsi probabilmente nella circolazione generale dell’atmosfera che, in estate, tende a spostare masse d’aria da sud verso le medie latitudini, generando quindi le condizioni per un aumento progressivo di inquinanti “raccolti” durante il transito sui mari.
Per valutare quanto il fenomeno fin qui descritto si estenda nella pianura Padana si ha intenzione, anche all’interno del progetto Prepair, di verificare la presenza di questi traccianti nel particolato presente nelle altre regioni del bacino, dal Trentino al Piemonte.